Italiano: Potresti ripetere la parola

Le seguenti considerazioni sono il risultato della mia partecipazione al Side Event  “Closing the Equity Gap – Is Equity an enabler or barrier to increasing ambition?” di mercoledì 28 Novembre.

Nella Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici la parola equità è ripetuta numerose volte e io vorrei oggi provare a descrivere il suo aspetto e soffermarmi un attimo sul che cosa i negoziati dovrebbero assicurare per poter essere considerati un risultato equo qui a Doha.

Una delle frasi che più volte sento ripetere nei corridoi, nelle sale in occasione dei numerosissimi eventi che si tengono parallelamente ai negoziati e durante le chiacchierate più o meno informali tra i partecipanti a questa COP18, è che l’equità è l’unica strada verso l’ambizione, nonché l’unica eredità climatica che deve essere modellata se vogliamo avere qualche speranza di risolvere la crisi globale.

Allo stato attuale, quell’equità la cui importanza viene quotidianamente ripetuta centinaia di volte nelle hall del QNCC in migliaia di lingue diverse, sta nello stesso posto, ma in stanze diverse, il cui accesso è spesso limitato ai partecipanti con i cartellini rosa, blu verdi e forse pochi altri, venendo erosa e minata. Le negoziazioni a Doha non sono semplicemente una battaglia per il futuro del clima, sono una battaglia sullo status quo, il privilegio e l’egemonia sul mondo. Questa è una battaglia sul privilegio storico ed economico di cui gli stati sviluppati hanno abusato per secoli, riempendo contemporaneamente  spazio atmosferico rubato.

I paesi sviluppati rifiutano di permettere uno slittamento dello status quo, mentre tentano allo stesso momento di rompere la protezione antifuoco tra paesi dell’annex I e paesi non annex I e di forzare i paesi in via di sviluppo e le maggiori economie, che non hanno alcuna responsabilità storica, ad assumersi impegni di riduzione delle emissioni. Detto semplicemente, i paesi sviluppati non vogliono creare lo spazio per le economie emergenti e per una nuova competizione e si rifiutano di onorare le loro obbligazioni morali e storiche per permettere il diritto ad uno sviluppo sostenibile.

La richiesta da parte degli Stati Uniti e di altri stati per impegni di mitigazione “paralleli” per il mondo sviluppato porterebbe ad una brusca fermata il loro sviluppo e condannerebbe il mondo in via di sviluppo agli effetti continuamente in crescita causati dai cambiamenti climatici, senza offrire loro degli strumenti necessari per l’adattamento. I paesi sviluppati stanno tentando di scappare dalle loro responsabilità storiche e mettere una pietra sopra agli impegni precedentemente assunti: dedizione nell’onorare i principi della convenzione, gli impegni del Protocollo di Kyoto e quelli del suo secondo periodo di applicazione, nonché gli impegni per una chiusura brillante dell’Azione Cooperativa di Lungo-Termine.

È questo comportamento che ci ha portato a trovarci in uno stato di emergenza planetaria.

Avere semplicemente un risultato da Doha non è un successo. Gli obiettivi della convenzione sono chiari: fermare il catastrofico cambiamento umano causato dall’uomo.  Se i prodotti di Doha non condurranno il mondo a raggiungere quest’obiettivo (in dettaglio, se non ci sarà un forte secondo periodo di impegni per il Protocollo di Kyoto, se l’Azione Cooperativa di Lungo-Termine non concluderà con successo il proprio lavoro e se non si riveleranno chiari passi per sciogliere i nodi dell’adattamento e della finanza), allora Doha non potrà considerarsi un successo.

La Piattaforma di azione avanzata di Durban (ADP) non deve fornire l’opportunità per saltare da una piattaforma all’altra e nemmeno ovattare e allentare il lavoro che ancora deve essere completato con successo in armonia con gli obiettivi di risultato dei gruppi di lavoro ad hoc del Protocollo di Kyoto e dell’Azione Cooperativa di Lungo Termine. Entrambi i binari della Piattaforma di Azione di Bali (“the Bali Action Plan”) devono raggiungere brillantemente gli obiettivi che sono istituzionalmente tenuti a conseguire. I meccanismi operazionali sorti sulla base della Piattaforma di azione di Bali, specificatamente quelli sull’adattamento, la finanza e il trasferimento di tecnologie devono essere operativi, operativi prima ancora del risultato della Piattaforma di azione avanzata di Durban.

Non è accettabile un salto di piattaforme.

L’onorare gli impegni assunti in ambito di finanza, mitigazione e adattamento non è per i paesi sviluppati una questione di carità; è il loro obbligo morale e storico. I paesi sviluppati non hanno il diritto di onorare le proprie promesse condizionalmente a quello che i paesi in via di sviluppo decideranno in materia di mitigazione e agire come se essi fossero gli eroi, perché loro non staranno facendo altro che rispettare gli impegni che senza termini devono al mondo in via di sviluppo.

Mentre i paesi sviluppati stanno sollecitando il mondo in via di sviluppo ad aumentare i loro impegni di mitigazione, essi stessi hanno ripetutamente fallito nell’onorare i loro obblighi finanziari. Per esempio, nel finanziamento rapido (“fast-start finance”) sono stati promessi 30 miliari di dollari, di cui solo 25 veramente impegnati, e meramente 11 ad ora consegnati.

Nel frattempo, l’assistenza per l’adattamento è fortemente sotto-finanziata. I mezzi di implementazione, inclusi formazione, finanza e trasferimento di tecnologie, sono componenti essenziali per un qualsiasi risultato a Doha.

Un secondo periodo di impegni sotto il Protocollo di Kyoto ambizioso, equo e caratterizzato da norme aventi una base scientifica è essenziale. Mentre alcuni paesi spingono per un “sistema di impegni e revisioni” (a pledge and review system), la scienza ha dimostrato che gli impegni attualmente in campo porteranno ad un mondo di 4 gradi Celsius più caldo.  Mentre chiedono ai paesi in via di sviluppo di mitigare, l’Unione Europea si sta impegnando per un assurdamente basso 20% (quasi peraltro già raggiunto) e l’Australia si sta auto-celebrando per il suo 5% di riduzione rispetto ai livelli del 1990. La mancanza di ambizione in questi negoziati è oscena, e anche tragicamente aspettata. Per evitare a noi tutti di raggiungere un mondo a 4 gradi ci deve essere un taglio delle emissioni globale del 70% entro il 2020, di cui il 50% deve venire dai paesi sviluppati.

L’ipocrisia dei paesi sviluppati è intollerabile. Senza il supporto finanziario, il trasferimento di tecnologia e la formazione non ci può essere un’aspettativa di mitigazione dei paesi in via di sviluppo.

Infine, è inaccettabile la mancanza del senso di urgenza e ambizione. Il cambiamento climatico è qui, i suoi effetti si sentono già oggi, i suoi effetti si sentono già da anni. L’equità è l’unico passo che porterà ad un’ evoluzione.

Cittadini, dove sono le vostre voci indignate? Giovani, perché non siete più arrabbiati?

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